Se in vita tua hai visto soltanto cigni bianchi, puoi dire con certezza che non esistono cigni neri?

Con questa domanda il mio professore di filosofia del liceo mi apriva la testa come fosse una scatoletta di tonno, un dubbio faceva leva e spalancava la porta a possibilità mai esplorate. La nostra conoscenza è fragile, limitata all’ esperienza. A questo si aggiunge un grande limite, tutto umano: crediamo ai fatti, non alle teorie. Non siamo abituati a ragionare per astratto, e ipotizzare di trovarsi davanti all’imprevedibile non è proprio il nostro forte. 

Mai sentito parlare del Cigno Nero?

Si tratta di una teoria affascinante, specie in questi giorni. Riflettere sull’improbabile che governa le nostre vite potrebbe aiutarci a trovare spunti illuminanti sul come affrontiamo la nostra vita aziendale e – perché no – personale.

A volte il caso ci si para davanti, sballando qualsiasi programma e mischiando le carte fino a rendere irriconoscibile la nostra vita. Può essere un evento negativo, ma può trattarsi anche di fortuito colpo di coda che invece migliora i nostri giorni.

In entrambi i casi, non possiamo essere inermi e lasciarci sballottare dal corso degli eventi. Il piano di emergenza ci aiuterà a gestire la crisi, la nostra intuizione e capacità di osservazione ci permetteranno di cogliere le opportunità più nascoste.

Ciò che conta è non farsi trovare impreparati quando il Cigno Nero si manifesta.

Nel 2007 Nassim Nicholas Taleb, esperto di “scienze dell’incertezza”, pubblica un saggio intitolato Il Cigno Nero. Come l’improbabile governa le nostre vite, che analizza in maniera estremamente pratica il forte impatto che alcuni avvenimenti rari e imprevedibili hanno avuto sull’uomo e sulla storia. Taleb ironizza anche sulla teoria tutta umana di trovare giustificazioni a posteriori per questi eventi che l’uomo non riesce a spiegarsi.

Il primo a utilizzare l’espressione Cigno Nero fu Giovenale, che in maniera assai infelice la utilizzò per parlare di un fatto raro, quasi impossibile, riferendosi alla fedeltà femminile. La metafora cominciò ad essere reiterata nelle discussioni filosofiche dei periodi successivi, fino a quando la certezza di avere solo cigni bianchi si sciolse come neve al sole, quando in Australia sbucò una nuova specie di cigno dalle piume nere che sconvolse le certezze degli abitanti del Vecchio Mondo.

Come poteva essere possibile? Nessuno aveva mai visto niente di simile. E ora?

Molti filosofi si sono interrogati sulla natura del ragionamento induttivo e deduttivo, sulla conoscenza e sulle modalità di apprendimento. La verità è semplicemente una: l’essere umano è cieco davanti alla causalità, specie se si tratta di grandi deviazioni. Anzi, proprio qui sta l’inganno. Interpretiamo l’evento inaspettato come “deviazione” del normale percorso quotidiano. Anche oggi che siamo in quarantena e risentiamo di questa enorme emergenza sanitaria, non facciamo altro che chiederci quando torneremo alla normalità, come se la macchina si fosse semplicemente inceppata.

Non siamo programmati per i cigni neri, per questo abbiamo bisogno di schemi attraverso il quale interpretare il mondo. Ogni evento in una casella. E nel momento in cui lo schema salta, ci inventiamo di sana pianta delle spiegazioni a posteriori. Il senno di poi è racchiuso tutto qui. Siamo bravissimi nel narrare gli eventi a ritroso, cosa che ci permette di dimostrare a noi stessi che abbiamo compreso il passato e ne siamo anche padroni.

Dovremmo a questo punto chiederci se il fatto di aver svolto esattamente le stesse azioni ogni giorno, ci autorizza a dire che questo sia il percorso migliore.

Un solo, minuscolo imprevisto

Tutto questa impalcatura razionale può essere smontata da un solo imprevisto che cambia le nostre sorti e modifica il percorso in maniera irreversibile. Un episodio isolato che si colloca perfettamente tra ciò che diamo per scontato e ciò che ignoriamo completamente.

Il primo esempio che viene in mente a tutti è l’11 settembre 2001. Basta una data per portare a galla immagini nitide in ognuno di noi. La storia è cambiata, da quel giorno. L’economia mondiale ha subito una deviazione, la percezione dell’altro anche.

Anche il Covid-19 lo è, anche se il virologo Burioni sostiene il contrario; anche se gli esperti parlano di pandemia prevedibile fin dal 2003 con la SARS, chi avrebbe mai immaginato – tra noi comuni mortali – che saremmo finiti in lockdown prolungato, chiusi in casa ad aspettare che la pandemia abbandoni le nostre strade? Qualcuno degli imprenditori italiani aveva ipotizzato un piano di emergenza per una crisi così grande?

Come ho già detto però, il cigno nero non è solo un evento drammatico. Se Aron Hector Schmitz non avesse incontrato James Joyce oggi forse non avremmo Italo Svevo. Se Alexander Fleming non avesse lasciato scoperta una capsula Petri di Stafilococco oggi forse non avremmo la penicillina. Se nella stanza del direttore di un riformatorio avessero semplicemente punito il dodicenne indomabile invece di mettergli tra le mani una tromba, oggi non conosceremmo la musica di Louis Armstrong.

Gli eventi possono essere catastrofici o positivi e noi non possiamo dimostrare con esattezza la connessione tra le cose e il momento in cui si manifesteranno. Possiamo però aguzzare l’ingegno e l’immaginazione per allenarci a guardare le cose sotto tutti i punti di vista.

Allenarci a guardare le alternative, osservare, intuire i mondi possibili. Apprezzare la casualità che produce la trama della vita, come dice Taleb.  

La quarantena finirà, ma noi non potremo tornare alla normalità. Dovremo inventarcene un’altra, sperimentare un nuovo modo di interpretare il mondo, alla luce della nostra fragilità. Mai come oggi non potremo più accettare il dogma “abbiamo sempre fatto così”, né dai colleghi, né dagli amici, dai clienti o da chiunque altro. Potremo invece capire come creare nuovi schemi, che includano i cigni neri, intesi non come deviazioni sporadiche ma parte dei fenomeni naturali, sociali ed economici.

Valutare il rischio e liberarci dai pregiudizi, ecco cosa può fare la differenza. Essere pronti a cambiare sempre, come forma di sopravvivenza.